[redazione del sito www.rete28aprile.it]
Rifondazione capitalista
di Giorgio
Cremaschi
Ma l’Italia è diventata un paese
dove trionfano i diritti dei lavoratori?
Così parrebbe, vedendo quello che
sta succedendo in questi giorni. La protesta sociale dilaga tra i tassisti e gli
autotrasportatori, tra le categorie colpite dalle liberalizzazioni. E’ questo il
quadro reale del paese? E se non è così, chi ha la responsabilità di questa
falsificazione? Da un lato è evidente che il governo Monti ci sta semplicemente
prendendo in giro, con grande abilità peraltro. Far credere che i tassisti o i
benzinai o anche i farmacisti, sono al vertice della crisi e che sconfiggendo le
loro resistenze corporative l’Italia ripartirà, è una stupidaggine poco
inferiore a quella di sostenere che Ruby fosse la vera nipote di Mubarak. Eppure
tutta la grande informazione italiana segue queste vicende come se attorno ad
esse ruotasse il futuro economico e sociale del paese. Bravo il governo a
depistare dalle questioni vere, il peso del debito, la Germania che ci manda a
quel paese, il lavoro che non c’è e che non ci sarà, ma pessimi anche tutti
coloro che si prestano a questo incredibile gioco.
Tra le cose pessime metto a
questo punto anche il documento e l’approccio di Cgil, Cisl e Uil al confronto
con il governo. Il sindacato confederale avrebbe dovuto già esser in piazza per
la catastrofe delle pensioni, per la caduta dell’occupazione, per le previsioni
di recessione. Invece ha fatto un documentino all’acqua di rose, prodotto da
qualche confuso ufficio studi a cui è stato detto di essere il più morbido
possibile. Il sindacato confederale non chiede sostanzialmente nulla a loro, se
non di non esagerare, di attenuare, di aggiustare un pochino. Sembrerebbe
davvero che in Italia fossimo immersi in un socialismo nel quale i lavoratori
godono di diritti e benessere tali da avere ben poco da chiedere. Il governo ha
aumentato di alcuni anni l’orario di lavoro, che effetti avrà sull’occupazione?
E le politiche di liberalizzazioni e privatizzazioni, su cui il governo si sta
scatenando, non interessano al sindacato confederale, che di solito si occupa di
tutto? La privatizzazione delle grandi aziende comunali va bene al sindacato
confederale? Il fatto che nei trasporti ferroviari siamo l’unico paese
continentale che sta seguendo la catastrofica linea dei governi inglesi degli
ultimi trent’anni, cioè la privatizzazione, non rappresenta un punto di scontro
e di conflitto? Invece di tutto questo non si parla e il tavolinetto tra governo
e sindacati deve affrontare la riforma del mercato del lavoro.
Anche qui si prepara una
colossale ipocrisia, la difesa dell’articolo 18 attraverso il suo
smantellamento. Se è vero ciò che il governo annuncia, cioè che si verrà assunti
con un periodo di prova di 3 anni, con la piena libertà di licenziamento,
bisogna dire che questo non è una riduzione della precarietà, anche perché tutti
gli altri contratti precari non vengono cancellati ma, forse, solo un po’ più
regolati. Bisogna invece dire che sull’articolo 18 è cominciato lo stesso
discorso che hanno vissuto le pensioni, il contratto nazionale e prima ancora la
scala mobile. Si comincia col negare un diritto a una parte, spiegando che serve
per salvarlo per tutti. Fra un po’ si dirà che coloro che l’hanno conservato
sono dei privilegiati che non meritano di averlo più. Il contratto unico è
semplicemente la leva per cominciare a smantellare l’articolo 18 e per questo
andrebbe respinto come un autentico imbroglio. Abbiamo invece la sensazione che
nulla di tutto questo accadrà, e che Cgil Cisl Uil, così come gran parte del
centrosinistra, diventeranno i più solidi appoggi per il governo Monti e la sua
strategia liberista. Nello stesso tempo, invece, nella Confindustria cresce lo
spazio per le posizioni più brutali. Questo anche perché una parte rilevante del
padronato italiano ha come primo problema il recupero di Marchionne, prima
ancora che di quello di un serio confronto sindacale. Per questo Alberto
Bombassei, sentendo lo spirito dei tempi, ha lanciato la sua candidatura
proponendo una rifondazione in senso ancor più aggressivo della Confindustria:
rifondazione capitalista.
Se non vogliamo precipitare nel
disastro, questo è il momento di dire basta a questo ruolo inutile e subalterno
del movimento sindacale italiano rispetto al governo Monti e al grande
padronato. E se questo significa rompere con le mummie del centrosinistra, beh,
questa è una ragione in più per farlo.
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