[redazione del sito www.rete28aprile.it]
27 GENNAIO
SCIOPERO DIFFICILE, MA GIUSTO
di Giorgio Cremaschi
Il 27 gennaio sciopera una parte rilevante del
sindacalismo di base. E’ uno sciopero difficile, perché con
questa crisi la perdita di una giornata di lavoro è sempre un
costo pesantissimo per chi lavora. Ma è uno sciopero giusto
perché il mondo del lavoro non può continuare ad accettare o a
subire l’aggressione ai suoi diritti.
Le ragioni immediate dello sciopero, a mio parere, sono
almeno tre.
La prima è il massacro sulle pensioni che, in nome dei
giovani, ha portato l’età pensionabile, prima di tutto proprio
per i giovani, alla soglia dei settanta anni.
In secondo luogo tutte le misure della manovra
economica del governo stanno colpendo le condizioni sociali e di
vita di chi lavora, che vede ridotti i propri redditi, mentre il
futuro è ancor più minacciato dalla recessione in arrivo,
causata anche dalle manovre restrittive dei governi Monti e
Berlusconi.
In terzo luogo, con l’ultimo decreto sulle
liberalizzazioni, il governo Monti si è schierato armi e bagagli
con Marchionne e la sua linea di distruzione del contratto
nazionale. Lo ha fatto proprio per la materia di sua competenza,
infatti ha stabilito per decreto che il trasporto pubblico non
sarà più soggetto ai contratti nazionali, e quindi ha dato il
via libera ai contratti low cost, sia nelle ferrovie, sia nel
trasporto locale. Cosa questa che neppure il governo Berlusconi,
autore dell’articolo 8 sulle deroghe contrattuali, si era
sognato di fare.
Ora si apre il tavolo in cui, secondo Monti, il
sindacato dovrebbe affrontare “senza tabù” la questione
dell’articolo 18, cioè cominciare a rinunciarvi. Ci sono quindi
molte ragioni immediatamente sindacali che portano alla
necessità di uno sciopero generale contro le scelte di questo
governo. Ma ce n’è anche una di significato più vasto, che è
bene non trascurare. Il governo Monti, si dice, ha un grande
consenso di opinione pubblica. Questa è una parziale verità e
una sostanziale mistificazione. Infatti, chi afferma questo,
dimentica di dire che il governo Monti ha il consenso di oltre
il 90% del Parlamento, del Presidente della Repubblica, del 98%
della carta stampata e del 100% delle grandi televisioni. Di
fronte a questo consenso di regime enorme, il consenso reale
nell’opinione pubblica del governo non raggiunge il 60%. C’è
quindi una parte enorme del paese che non condivide le scelte del
governo, nonostante il sostegno istituzionale e mediatico enorme
che esso raccoglie.
Di fronte a tutto questo è compito di chiunque creda
nei diritti, nella democrazia, nell’uguaglianza sociale,
scendere in lotta per non lasciare campo libero a una protesta
populista, reazionaria, xenofoba. Non parliamo affatto dei
tassisti o degli autotrasportatori. La loro protesta ha
sicuramente degli elementi di ambiguità, ma parte da
un’indignazione comprensibile. Non si può sostenere realmente
che la crisi economica si risolve aumentando le licenze per i
taxi o per le farmacie. Questo è un vero e proprio depistaggio
propagandistico, che fa parte di quella campagna ideologica che
cancella le ragioni reali della crisi, il debito, l’usura della
finanza internazionale, le politiche restrittive invece che
quelle espansive di bilancio, la distruzione del pubblico.
Invece si dà la colpa ai tassisti, come nel film Johnny
Stecchino si spiegava al protagonista che il problema di Palermo
era il traffico.
Ecco, contro questo depistaggio occorre che scenda in
campo il movimento sindacale e democratico e lo sciopero del 27
è un primo segnale di una mobilitazione necessaria.
Poi seguirà la manifestazione della Fiom dell’11
febbraio e le iniziative proposte a tutti i movimenti di lotta
per marzo dal movimento No Debito. Si tratta di scendere in
piazza per affermare un’idea di uscita dalla crisi opposta, sia
a quella del capitalismo delle multinazionali, di cui il governo
è interprete, sia a quella del populismo reazionario, agitata in
particolare dalla Lega Nord. Si tratta, cioè, di difendere il
lavoro e la democrazia. Dovrebbero farlo anche Cgil, Cisl e Uil,
invece che farsi imprigionare in una trattativa in perdita sul
mercato del lavoro. Se però i grandi sindacati confederali non
lo fanno non è per questo giusto rimanere a casa. Bene quindi lo
sciopero del 27 e tutte le lotte che portano e porteranno i
diritti del lavoro e la democrazia in piazza.
Roma, 23 gennaio 2012
Nessun commento:
Posta un commento