Il 17 a Roma per dire no al debito e no a Monti
di Giorgio Cremaschi [articolo pubblicato il 15 dicembre 2011, su "Liberazione")
Dobbiamo fermarli! Così concludevamo l’appello lanciato nel
luglio scorso contro l’Europa delle banche e della speculazione
finanziaria, appello che portò all’assemblea a Roma il 1° ottobre.
Quando siamo partiti c’era ancora il governo Berlusconi e la politica
economica dettata dalla finanza internazionale si era scatenata
soprattutto sulla Grecia. Pensavamo che sarebbe arrivata da noi,
visto che l’Ue di oggi ne è una pura esecutrice, tuttavia non
potevamo prevedere che tutto sarebbe precipitato così in fretta.
Invece l’attacco speculativo al debito pubblico italiano e a quello
di tutti i principali paesi dell’Ue, e il contemporaneo totale
fallimento del governo Berlusconi, hanno portato a far sì che il
governo unico delle banche divenisse il concreto governo della
Repubblica italiana.
Ora che la lettera della Bce è diventata formalmente programma di
governo, ciò che sembrava largamente diffuso nell’opinione pubblica e
soprattutto nella grande informazione, non lo è più. Come in Fiat la
brutalità di Marchionne ha cancellato il contratto nazionale e ha
costruito il consenso alla schiavitù del lavoro rispetto alla
globalizzazione, così il governo Monti costruisce il consenso alla
schiavitù del paese rispetto al diktat della speculazione sul debito.
Eppure basterebbero poche cifre, per dare l’idea della brutalità, e
anche della follia dell’offensiva che stiamo subendo. La manovra
lacrime e sangue del governo porta via dalle nostre tasche
sostanzialmente 30 miliardi di euro. Secondo la Cga di Mestre la
somma complessiva delle manovre adottate dal governo Berlusconi e da
quello Monti, porta via entro la fine del 2014 208 miliardi di euro.
E’ una cifra enorme, in gran parte, almeno al 90%, pagata dai
lavoratori, dai pensionati, dai poveri. Eppure non basterà. Con i
tassi di interessi attuali sui buoni del tesoro l’Italia dovrà pagare
dagli 80 ai 90 miliardi all’anno solo per gli interessi sul debito.
Quindi nello stesso periodo di tempo ci vorranno dai 250 ai 300
miliardi solo per pagare gli interessi sul debito, senza intaccarlo
minimamente nella sua dimensione complessiva. Queste aride cifre ci
dicono che le manovre non basteranno, che si dovrà tagliare ancora e
che tutto questo provocherà ulteriori disastri all’economia. E’ la
medicina greca, adottata da tutti i governi dell’Europa, cambiando
solo le dosi a seconda del Paese a cui viene applicata. Oggi pare che
in Grecia l’Ue chieda il licenziamento di 150mila dipendenti statali,
fatte le proporzioni sarebbe quasi un milione da noi. Si fanno le
manovre, si scopre che non bastano perché l’economia si deprime
ancora di più e quindi si torna a farne delle altre, mentre il debito
resta sempre lì a imporci la sua schiavitù. E’ un meccanismo di
semplice usura, quello a cui i governi europei sotto il dettato della
finanza internazionale e delle banche, stanno sottoponendo i loro
cittadini. Il governo Monti è espressione di questa politica
fallimentare.
Nello stesso tempo si affossa la democrazia. In Grecia il primo
ministro Papandreu è stato sostituito quando voleva fare un
referendum sulle misure dettate dall’Europa. In Italia si è fatto il
governo Monti, per non andare al voto, perché lo spread non voleva.
Qui bisogna essere chiari. La stima personale che abbiamo nei
confronti del presidente della Repubblica non cancella il fatto,
ormai riconosciuto in Italia e all’estero, che stiamo precipitando
verso un modello di governo più monarchico che repubblicano. Nella
nostra democrazia costituzionale non sono previsti governi del
presidente, governi del sovrano, e il precedente è inquietante.
Immaginiamo infatti se al posto di Napolitano ci fossero altre
personalità, simili ad altri presidenti che hanno esercitato la loro
funzione nella storia della nostra Repubblica. Immaginiamo come
potrebbero utilizzare il potere presidenziale che si è così creato.
Sì, dobbiamo essere preoccupati profondamente per la crisi della
nostra democrazia. E d’altra parte, cosa si sta realizzando in Fiat
se non prima di tutto la cancellazione delle libertà fondamentali di
sciopero e di rappresentanza per i lavoratori del gruppo.
L’economia della globalizzazione, se non viene contrastata distrugge
la democrazia, nella fabbrica, nella società, nelle istituzioni. E il
governo Monti non ha nemmeno un centesimo di anticorpo culturale per
opporsi a questa deriva.
Per reggere dobbiamo ripartire dall’opposizione a questo governo,
alla logica e ai principi che lo ispirano, ai mandati che deve eseguire.
Il 17 a Roma ci troviamo proprio per questo. Per costruire un punto
di vista alternativo a quello del governo delle banche che domina
l’Europa oggi e per essere coerentemente alternativi al governo Monti
e a chi lo sostiene. La situazione è troppo grave per limitarci a
chiedere il cambiamento a questa o a quella misura. E’ la schiavitù
del debito che va rovesciata, e con essa, in tutta Europa, i governi
che se ne sono fatti interpreti. E’ una grande sfida democratica,
decisiva per non precipitare nella barbarie, nelle guerre tra i
poveri, nei razzismi, che crescono come sempre nella storia europea
in tempi di crisi. Bisogna dire basta alle politiche liberiste che
ci governano da trent’anni e che ci hanno portato a questa crisi. E’
necessaria l’unità tra chi si oppone oggi da sinistra al governo
Monti. La situazione è troppo grave perché si possa continuare e a
mobilitarsi in ordine sparso. E’ allarme rosso compagni e compagne,
dobbiamo unirci per lottare contro chi ci vuole distruggere e
l’assemblea del 17 a Roma vuole mandare questo chiarissimo messaggio.
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