sabato 31 dicembre 2011

Sulle donne dell'Oca.


Sulle donne dell'Oca. 
da www.fiorinoiantorno.it 

“Ma che fate a Siena?”. “Ma mi spieghi le dichiarazioni di questo addetto stampa dell’Oca?”. Sono questi alcuni dei tanti messaggi che ho ricevuto da tante persone non di Siena che hanno letto su tutti i network italiani e non solo, dell’esito finale della vicenda legata alle donne della Nobile Contrada dell’Oca. Uno dei primi consigli che ho ricevuto nella mia breve esperienza di consigliere comunale a Siena è che, non essendo autoctono di Palio, di fatti del Palio dovevo parlare poco. Ho seguito questo consiglio non perché me lo hanno dato, ma perché ho una sorta di timore reverenziale verso la Città e verso le sue importanti tradizioni. Ma l’essere di Siena – o definirsi tale – o l’essere nato sulle lastre non è garanzia che parlando di Palio si dicano cose giuste o che non si faccia male alla Festa. In questi ultimi anni poi la Festa è mutata ed è diventata “fatto globale” con una attenzione mediatica cresciuta in modo esponenziale. Il tutto è iniziato con Aceto che ha intuito tra i primi la portata mediatica del Palio e lo ha sfruttato per le sue apparenti fortune televisive, fino ai Ministri con i capelli rossi che nessuno si ricordava e che per andare sui giornali  rilasciavano due dichiarazioni l’anno. Una prima del 2 luglio, l’altra prima dl 16 di agosto. Il Palio non è più – almeno nella sua percezione – fatto senese, ma fatto globale. E lo sarà sempre più, perché oramai quello che succede alla mossa o al primo San Martino è ripreso da decine di smartphone e dopo un minuto è già nella rete globale. Con questa realtà bisognerà fare i conti e su questa forzosa modernizzazione del Palio bisognerebbe avviare una seria discussione culturale e sociale a Siena. Discussione che potrebbe essere non solo stimolante, ma un occasione di partecipazione fortissima. Romperò quindi il mio riservo e parlerò di un fatto legato al Palio, ma che trascende il Palio e affronterò la questione delle espulsioni delle 30 donne dell’Oca. Ne parlo perché questo non è più un fatto della sola Nobile Contrada dell’Oca, non è più un  fatto che non doveva varcare le mura della nostra città. E’ un fatto globale, una notizia su cui molti non senesi  costruiscono la propria percezione di Siena, della Festa e del clima culturale della Città più in generale. E non mi va che la Città dove vivo, che amo sia percepita come buia e tetra. Devo una risposta a chi mi ha detto e chiesto “Ma che fate a Siena?” E questo non per colpa delle donne che non hanno accettato di tenere la questione all’interno della propria Contrada. La mediatizzazione e la pericolosa sovraesposizione della vicenda è stata causata dalle gravi dichiarazioni del Vicario alle relazioni esterne dell’Oca. Infatti per spiegare la  durissima “pena”  inflitta alle donne disobbedienti il Vicario ha usato tutta una serie di luoghi comuni pieni dell’ancestrale violenza che da secoli  le donne subiscono. Il nostro comunicatore spiega che questa “pena”  deve servire a “far capire” alle donne che la questione si doveva risolvere all’interno, non davanti ai Tribunali. La prima volta abbiamo sorvolato – spiega peggiorando la situazione l’ottimo comunicatore – ma  una seconda volta non potevamo. Qui la Contrada c'entra poco: si afferma che le donne vanno educate e se non comprendono, se non obbediscono alla legge, alle consuetudini, vanno punite. Il fatto che queste donne sentivano di subire una violenza, non è giustificabile. Dovevano e devono subire in silenzio. Ancora una volta si chiede alla donna di “subire” in un modello culturale che sta alla base di cose ben più gravi di questa vicenda, ma che hanno tutte matrice in questa non-cultura dove la donna è vista come punto di accumulazione delle frustrazioni di altri. Ma che si tratti di violenza fisica o meno, comunque la donna deve stare in silenzio. La donna poi chissà perché, va sempre punita e condannata più duramente dell’uomo.  Ancora una volta il fascino del potere si misura e si esalta punendo la donna negli affetti, vietandole di stare nel posto dove voleva stare con più pienezza. Esercitando una punizione anche corporale: l’assenza dai luoghi, dal gruppo, dalla comunità in cui si è cresciuti. Una dichiarazione di morte sociale che assomiglia all’ingiusto “fine pena mai”. Dichiarazioni machiste e violente che buttano una grave ombra sulla cultura della nostra Città. Non può essere nemmeno invocato il fatto che ai senesi poco importa di quello che dicono gli altri di Siena. Non è questo un ragionamento che può valere nella moderna comunità globale. E non è un caso che alcune Contrade si siano dotate di speciali figure addette alla comunicazione e alle pubbliche relazioni che devono presidiare una zona molto delicata. Dichiarazioni che non dovevano essere fatte e che danno di Siena l’immagine di una città culturalmente arretrata, sessista e violenta. Se veramente si credesse a Siena capitale della cultura Europea  le dichiarazioni del comunicatore dell’Oca sarebbero la definitiva pietra tombale per qualsiasi seria operazione di accreditamento a livello europeo e le istituzioni avrebbero dovuto correre ai ripari immediatamente. Non è questa la Siena che ho conosciuto, che vivo e mi dispiace che questa sia l’idea che si è generata in molti. Una tale violenza non può essere giustificata dalla passione che si muove intorno al Palio. Tante donne sono state vittime di delitti passionali che per fortuna oggi vengono duramente condannati. Siena è la città dove per la donna più importante per le tre religioni monoteiste, Maria, si danno battaglia 17 Contrade. Siena è poi la città di quella Santa Caterina, patrona d’Italia e d’Europa, che non si è piegata alle convenzioni, a chi voleva le donne del suo tempo relegate al silenzio ed alla passività. Quella Caterina da Siena che ha scritto a potenti e meno potenti; che ha fatto sentire la sua voce non solo a Siena ma nell’Europa del tempo; quella Caterina che voleva essere protagonista della vita della sua Città e del suo tempo e che per ironia della sorte, è santa patrona anche delle disobbedienti donne dell’Oca. 

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fiorino pietro iantorno

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