giovedì 21 luglio 2011

Genova, dieci anni dopo. Per un'alternativa rivoluzionaria.

Genova, dieci anni dopo.
Per un'alternativa rivoluzionaria.


Nel 2001 si aprì a Genova una grande stagione di mobilitazioni segnata dalla domanda di “un altro mondo possibile”. La risposta fu un governo di centrosinistra che continuò le politiche di guerra, promosse i macellai della repressione genovese (De Gennaro), varò finanziarie di sacrifici contro i lavoratori e i giovani. Il tutto per conto di Confindustria e banche. E col sostegno - in cambio di ministri - di tutte le sinistre italiane.
Dieci anni dopo, sullo sfondo di una enorme crisi sociale, si sta preparando un tradimento analogo.

STANNO TRADENDO LA DOMANDA DI CAMBIAMENTO
Si affaccia sulla scena, in forme diverse, una nuova generazione e una nuova preziosa domanda di cambiamento, che chiede non solo la cacciata di Berlusconi, ma una svolta delle politiche sociali, a partire dalla difesa dei beni comuni e dei diritti del lavoro. Ma contro questa domanda, prima si leva un accordo sciagurato tra Confindustria, CGIL, CISL, UIL a scapito del lavoro; poi una gigantesca rapina finanziaria contro tutti i beni comuni (pensioni, scuola, sanità, servizi...) a sostegno dei banchieri, con la benedizione di Napolitano e la pubblica complicità delle “opposizioni” parlamentari. Sono atti rivelatori. Anticipano già oggi il programma di governo del “nuovo” centrosinistra in gestazione: la continuità (e persino l'aggravamento) dei sacrifici, una ennesima ondata di privatizzazioni, la concertazione della pace sociale. Per non parlare della continuità delle guerre.

VIA BERLUSCONI, MA PER UNA VERA ALTERNATIVA
Qui sta il bivio dei movimenti e delle sinistre.
In forme diverse, SEL e FdS vorrebbero subordinare i movimenti al costituendo centrosinistra, a braccetto coi complici della macelleria sociale di Berlusconi e banche. Il PCL avanza invece una proposta opposta: quella della massima unità di lotta dei movimenti e al tempo stesso della loro massima autonomia e contrapposizione al centrosinistra confindustriale. Cacciare Berlusconi è una priorità e un dovere, ma dal versante delle ragioni del lavoro e dei giovani, non da quello di Confindustria e banche, come è avvenuto nel 1996 e nel 2006! In direzione di un'alternativa anticapitalista, non dell'ennesima alternanza trasformista in cui “tutto cambia perchè nulla cambi”!
Questa prospettiva pone a tutti i movimenti di lotta, a partire dal movimento operaio, l'esigenza di una svolta profonda.

UNA SVOLTA DI LOTTA RADICALE E UNIFICANTE
In primo luogo una svolta di lotta, radicale e unificante.
All'unità nazionale delle classi dirigenti e dei loro partiti va contrapposto il più vasto fronte unico di mobilitazione della classe lavoratrice e di tutti i movimenti. Nessun movimento di lotta vincerà da solo, sulle sue sole gambe. Solo una grande vertenza generale del mondo del lavoro, e l'unificazione delle lotte in una comune prova di forza contro il governo e le classi dirigenti, possono davvero aprire una pagina nuova. E' ora di dare alla rabbia e all'indignazione popolare una traduzione tanto radicale quanto è radicale l'offensiva avversaria. Il vento delle sollevazioni di massa in Nord Africa dimostra la potenza della forza del popolo quando si leva contro l'oppressione. Raccogliere questo vento e questa lezione è condizione decisiva per far saltare non solo Berlusconi ma la stessa trama della concertazione. Il PCL è impegnato a sostenere questa prospettiva in tutte le sedi e in tutte le strutture di massa: nei sindacati e nei comitati del No all'accordo sindacale di giugno, nei comitati per l'acqua pubblica e nelle strutture No Tav.

PER UN PROGRAMMA RIVOLUZIONARIO
Parallelamente, la profondità della crisi sociale pone l'esigenza di un nuovo programma. Dieci anni fa i gruppi dirigenti della sinistra propagarono tra i movimenti l'illusione di una possibile “riforma” del capitalismo, grazie all'adozione della Tobin Tax ed altre misure marginali (coprendo per questa via i propri appetiti di governo nella prospettiva del centrosinistra). Dieci anni dopo la più grande crisi capitalistica degli ultimi ottant'anni ha polverizzato la credibilità del riformismo. L'intera società umana è posta di fronte ad un'alternativa storica: o rassegnarsi alla barbarie della crisi, e dunque ad un arretramento progressivo della propria condizione (sociale, ambientale, di civiltà); oppure rovesciare il capitalismo, le sue classi dirigenti e i suoi governi, per realizzare un governo dei lavoratori. Una terza via non esiste.
Per questo alla radicalità delle ricette antipopolari dettate dagli industriali e dei banchieri va contrapposta, senza timidezze, la radicalità di un programma anticapitalista, che parta dall'abolizione del debito pubblico verso le banche e dalla loro nazionalizzazione, sotto controllo dei lavoratori, per destinare le immense risorse cosi risparmiate alla difesa e alla cura di tutti i beni comuni, allo sviluppo dei servizi e prestazioni sociali, a un grande piano del lavoro, sotto controllo sociale. L'esatto opposto delle politiche del capitale, ad ogni angolo del mondo.

Sviluppare in ogni lotta la coscienza anticapitalista, unificare le lotte attorno ad una prospettiva antisistema, battersi in ogni sede per un'alternativa rivoluzionaria di società e di potere, è il lavoro quotidiano del Partito Comunista dei Lavoratori, la sinistra che non tradisce.


Partito Comunista dei Lavoratori

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