Zapatero e i suoi epigoni italiani
Il fallimento di un "modello" e dei suoi estimatori: Bertinotti, Ferrero, Vendola
di Claudio Mastrogiulio
Ricordiamo tutti, quando Josè Luis Zapatero fu eletto, gli elogi sperticati di gran parte dei leader dei partiti della sinistra italiana. Ogni occasione era buona pur di decantare le magnifiche sorti del governo riformista del socialista spagnolo, dimostrazione (a loro dire) della possibilità di governare "diversamente" il capitalismo. Ma poi, si sa, i fatti hanno la testa dura. L'eloquio stantio di un Bertinotti avviato alla presidenza della Camera prima, o l'ecumenica ed irritante retorica vendoliana dopo, non sono bastate a compensare il dichiarato segno classista delle politiche di Zapatero, oggi attaccate da un movimento di massa che ha riempito le piazze spagnole.
Le politiche di Zapatero: la realtà dietro la demagogia
Il “compagno” Zapatero, per citare un esempio lampante, ha approntato politiche migratorie che hanno trovato il plauso, in Italia, del partito xenofobo e razzista della Lega. Il governo spagnolo, in questi anni, non solo non ha accolto le centinaia di disperati che arrivavano sulle coste iberiche dopo viaggi in condizioni disumane, ma addirittura ha provveduto alla militarizzazione dei territori. Ai militari, posti a presidio delle coste, è stato impartito l'ordine di “proteggere” le zone, sparando a vista su chiunque tentasse di forzare lo sbarramento. E i militari, da collaudato strumento del potere borghese, hanno sparato ed hanno ucciso . Nella fattispecie, è successo nel 2005, a Ceuta e Melilla, nella enclave spagnola sulle coste del Marocco, dove i soldati della Guardia Civil sono giunti armati fino ai denti per impedire il passaggio di circa seicento persone (tra cui molti bambini). L'esercito ha utilizzato lacrimogeni, pallottole di gomme ed anche proiettili veri, che hanno colpito a morte. L'episodio rappresenta solo uno degli esempi che chiariscono il senso delle politiche criminali messe in atto dal governo a cui si sono ispirati per anni i vari Vendola, Ferrrero, Diliberto ecc.
Passando a un'analisi delle politiche economiche, Zapatero ha rappresentato, nel corso degli anni, un fedele esecutore dei desiderata delle più importanti istituzioni del capitalismo internazionale (Fmi, Fondo Monetario Internazionale, su tutte). Fulgidi esempi sono la recente riforma del mercato del lavoro, con l'introduzione del precariato, i pesanti tagli alla sanità ed alla pubblica istruzione, con il tentativo di disarticolare il sistema pensionistico pubblico. Sembra, insomma, di rileggere lo stesso curriculum del nefasto (per i lavoratori ed i giovani) governo Prodi; considerando che a farne parte integrante erano i medesimi cantori dello “zapaterismo”.
Il nuovo protagonismo delle masse
Ma la crisi del capitalismo, dicevamo, è un elemento che travolge, in un sol colpo, tutte le illusioni (più o meno prezzolate) nutrite nei confronti del centrosinistra spagnolo. Da fedele maggiordomo dei poteri forti internazionali, il buon (per i padroni) Zapatero si è affrettato a varare manovre economiche massacranti nei confronti dei lavoratori e dei giovani, a cui si aggiunge la disarticolazione di quel che resta dello stato sociale iberico. Paradigmatica è stata la riforma del mercato del lavoro, approvata sotto diretta dettatura del Fmi.
A questa crisi, le masse spagnole hanno risposto con grande radicalità, occupando, per intere settimane, le più importanti piazze delle città. Puerta del Sol, a Madrid, è stata un simbolo, l'effigie di una generazione (quella dei giovani indignados) che ha compreso la necessità di appropriarsi del proprio destino. I manifestanti spagnoli non hanno chiesto soltanto la fine della corruzione (come vogliono far credere i giornali borghesi italiani) o l'allentamento del potere oligarchico dei partiti dominanti; ciò che viene posto al centro della mobilitazione è oggettivamente l'incompatibilità degli interessi delle masse con quelli del capitalismo.
E' ormai patrimonio comune il ruolo antipopolare ricoperto dalle banche, veri e propri strozzini legalizzati, che detengono il potere effettivo in Spagna (ma, in generale, in tutti i Paesi a capitalismo avanzato); l'assoluto fallimento del governo Zapatero che, dietro un'apparenza di cambiamento, dopo essere stato esaltato da tutta la sinistra governista (come oggi succede qui da noi con i vari Vendola, Pisapia, De Magistris), ha peggiorato le condizioni di vita dei lavoratori e dei giovani spagnoli, garantendo sempre più ampi margini di profitto alle imprese, alle banche ed alle assicurazioni. La delega in bianco elargita fino ad ora ai partiti della borghesia, sembra essere un pallido ricordo del passato. L'unità col mondo dei lavoratori, dei disoccupati, dei migranti, lascia intravedere un'importante novità e maturità del movimento. Per tutta risposta il governo “progressista” ha utilizzato le solite armi di cui la “dittatura della borghesia” si serve, vale a dire la repressione e la mistificazione.
Il fallimento dell'illusione riformista
I vari Vendola, Ferrero, Pisapia ecc. rappresentano, in Italia, quello che, negli anni migliori, ha specificamente perseguito il governo iberico. Il totale disarmo politico delle masse lavoratrici e giovanili di fronte alla mattanza sociale richiesta dal parassitismo delle borghesie nazionali ed internazionali. In Italia, mentre disseminano illusioni che verranno puntualmente disattese (come già accaduto in passato) nella realtà di governo, i discepoli dello “zapaterismo” guardano con attenzione e preoccupazione agli accadimenti spagnoli, fingendo di non sapere che il medesimo protagonismo delle masse italiane potrà insediare le loro comode poltrone. Certo, anni di collaborazione di classe con potentati economici contro gli interessi dei lavoratori, degli immigrati e dei giovani, varranno a garantire qualche anno di comodità alle terga di questi grigi passacarte; ma le masse, con la loro radicalità e straordinaria imponenza, quando irromperanno sullo scenario politico, ne causeranno la deflagrazione e svuoteranno, almeno per un po', la pattumiera della storia.
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