martedì 19 luglio 2011

Tornare a Genova. Intervista a “SCALVA”, ragazzo che prese parte a quelle giornate

Tornare a Genova.
Intervista a “SCALVA”, ragazzo che prese parte a quelle giornate

Tornare con la mente ai “fatti di Genova” di dieci anni fa non mi è particolarmente difficile in questi giorni. Questo perchè molte delle sensazioni e situazioni che ho vissuto là, le ho di nuovo provate in Val di Susa due settimane fa. E' stato come un deja-vu, mi è sembrato di tornare indietro nel tempo tante erano le similitudini tra le due situazioni: la stessa voglia della gente di opporsi a decisioni imposte dall'alto – dettate quasi esclusivamente da ragioni economiche, la stessa violenta ed eccessiva repressione da parte delle forze dello stato e, guarda un po', lo stesso governo di allora. Lacrimogeni CS illegali sparati ad altezza uomo, carabinieri che lanciavano sassi... Intenzione di disperdere o sfoggio muscolare di sproporzionata potenza istituzionale allo scopo di ferire? Davvero, come a Genova. Solo un po' più in piccolo.


Con quale associazione hai assistito ai cortei di Genova 2001?

Andai a Genova come “cane sciolto”, con un amico. All'epoca il cosiddetto movimento era molto forte, molto attivo. Pure noi (io e una manciata di amici) avevamo formato il nostro bel collettivo di lotta, siccome non ci riconoscevamo nella miriade di quelli già esistenti. A Trieste (io sono triestino) i più attivi erano le cosiddette “tute bianche” - che poi si ribattezzarono “disobbedienti” e pure noi collaboravamo parecchio con loro. Si organizzavano assemblee, si andava in giro a manifestare... c'era un bel fermento e davvero in molti credevamo che fosse possibile cambiare le cose. Credo sia stato l'ultimo momento nel quale così tanta gente ci ha creduto. Io avevo 25 anni e una buona dose di ingenuità che guidava i miei passi.


Qualcosa di particolare che ricordi

A Genova arrivammo giovedì 19 luglio verso sera, troppo tardi per partecipare al “corteo dei migranti” al quale parteciparono circa 50.000 persone, in maniera pacifica. Così sistemammo i sacchi a pelo nel grande tendone allo stadio Carlini e passammo una piacevole serata a bere vino e birra, in un'atmosfera festosa e piacevole. Girava pure qualche canna e tutti sembravano di buon umore e rilassati.
La mattina dopo i disobbedienti ci allietarono con il loro bel spettacolino... si divisero in due squadre: una parte rappresentava i manifestanti e l'altra le forze dell'ordine. I primi tenevano quegli enormi scudi di plexiglas e indossavano le loro pittoresche protezioni in poliuretano espanso, mentre i secondi tentavano di simulare una carica e di sfondare. Io ero seduto sugli spalti dello stadio e ricordo di averli trovati estremamente patetici e di aver pensato “che carini, si divertono, sembrano bambini che giocano!”. Infatti erano gasati e su di giri come bambini che giocano alla lotta... ridevano, scherzavano, urlavano...
Questi personaggi dovevano essere la testa del corteo, quelli che avrebbero dovuto proteggere gli altri da eventuali cariche... Avrebbero dovuto, ma già alle prime cariche e ai primi lanci di lacrimogeni, questi fantastici scudi saltarono come fossero di carta e la potente testa del corteo si dissolse in un baleno.
Come ho già detto, io e il mio amico andammo lì come cani sciolti, come individui. Camminavamo su e giù per il lungo corteo, senza fermarci in nessuno spezzone. Quando gli scontri cominciarono in via Tolemaide, corremmo in testa e passammo le successive ore a rilanciare i lacrimogeni indietro, a fare barricate e a tentare di contrastare le violentissime cariche. Sia chiaro, io non ero andato a Genova con l'intenzione (o addirittura la speranza!) di partecipare ad un'eventuale guerriglia urbana – non mi ritengo una persona violenta, ma quando ho visto questi bei personaggi dei disobbedienti scappare come conigli con tutte le loro carnevalesche protezioni, maschere antigas e caschi da moto - dopo aver portato il corteo allo scontro - e lasciando totalmente indifesa gente che a malapena capiva cosa stava succedendo (tra cui donne, anziani e bambini), non ho potuto fare altro che scendere in prima linea e tentare di evitare il peggio. Ero incazzato.... nauseato forse più dal loro comportamento che da quello dei carabinieri. Ripeto, non sono una persona violenta, ma quando ti vedi i blindati che caricano a 60 all'ora la gente indifesa, la pressione dell'acqua sparata con gli idranti, i lacrimogeni lanciati dagli elicotteri o -peggio - sparati ad altezza uomo, dritti in faccia e una voglia di fare male che viene da chi di professione dovrebbe difendere il popolo... beh, giuro che non ci ho pensato due volte ad aiutare a ribaltare macchine e incendiare cassonetti per fare barricate nel vano tentativo di fermarli, lanciando sassi per tentare di fermare la loro eccessiva violenza. E avevo solo una kefiah sul volto e due limoni in tasca, pantaloni corti e una canottiera.Un unico guanto da lavoro che avevo trovato a terra, per rilanciare indietro. Altro che protezioni di poliuretano e maschere antigas! Eppure non sono scappato, sono rimasto là tutto il tempo. A difendere.




Provo ancora tantissima gratitudine per le ragazze che non sono fuggite... sono rimaste appena un po' dietro la prima linea degli scontri e quando ti vedevano che non ce la facevi più, ti versavano l'acqua sugli occhi martoriati e ti passavano i limoni. Sono state delle grandi e, se avessi modo di trovarle, le ringrazierei una ad una.
Ad un certo punto, durante l'ennesima carica, una parte di noi, pensando di riuscire magari ad evitare l'assalto costante che durava ormai da un bel po' in via Tolemaide, scelse di girare in una via che portava poi in Piazza Alimonda. Credo fosse via Caffa.
Io ero con loro e in Piazza la situazione era davvero strana... arrivò questa jeep Defender e si bloccò quasi contro ad un muro.. o si schiantò contro un cassonetto, non ricordo bene... non si capiva perchè si fosse fermata là, perchè non ripartisse e fu subito presa d'assalto.. pure io, devo ammetterlo, le ho tirato un sasso – ho beccato solo una ruota. Gesto inutile e sciocco, lo ammetto, ma quando l'adrenalina e la rabbia prendono il sopravvento si fanno un sacco di cose stupide e sensa senso.
Ad un certo punto molti cominciarono a rendersi conto dell'assurdità della situazione. La jeep ferma là e un battaglione di carabinieri poco distante che se ne stava immobile, non interveniva, osservava e basta. Non lanciavano neppure più i lacrimogeni. E saranno stati lontani, chessò, 50 metri e noi non eravamo poi così in molti.
In molti capimmo la pericolosità della situazione: gli scontri continuavano in via Tolemaide e se i carabinieri fossero riusciti ad avanzare là, ci avrebbero tagliati fuori dal grosso del corteo, stretti tra due fuochi. Così si cominciò ad urlare: “via, via, ci tagliano fuori, ci circondano!” e la maggior parte della gente cominciò a ripiegare per ricongiurgesi con gli altri. Fu un'idea felice, perchè quella fu una delle ultime cariche – o forse l'ultima – e da li in poi fu solo un fuggi fuggi verso il Carlini, con la celere e i blindati che continuarono ad inseguirci e a sparare ad oltranza per chilometri, quasi fino allo stadio. Inutilmente e stupidamente, perchè ormai si stava solo tornando indietro. Era tutto finito... ma non per loro, evidentemente, volevano più sangue.
Mentre correvo indietro, cominciavano a girare le prime voci: “hanno sparato ad uno!”, “no, era solo un lacrimogeno in faccia”, “no, l'hanno ammazzato!”... fino all'arrivo allo stadio, non seppi davvero cosa era successo, né tantomeno realizzai che ero là.
Per alcuni anni vissi nella convinzione di essere scappato poco prima di quel fatidico colpo di pistola. Non conoscevo Carlo, né tantomeno mi ricordo di lui in quei momenti...era tutto troppo frenetico. Mi sono chiesto spesso “chissà, magari ci ho pure parlato”... ma non lo saprò mai.
Poi, un giorno, un paio di anni dopo, cercando immagini di quei giorni in rete, ho trovato una foto che non avevo mai visto. E sì che ne avevo viste di foto... avevo un po' di paura di essere identificato e spesso mi ritrovavo a cercare immagini, sperando di non vedermici mai.
In quella foto invece, presa da un'angolazione diversa rispetto a quelle più famose “dell'estintore”, si vede il cadavere a terra ed io di spalle che corro via. Si può facilmente immaginare quanto shockante fu per me scoprire che non ero scappato via poco prima. Ero proprio là in quel momento.. e non mi sono accorto di niente. Avrei potuto essere io. Mi venne da piangere.
Sul giorno dopo, sabato 21, non c'è molto da dire: di nuovo un corteo, di nuovo scontri, di nuovo lacrimogeni CS sparati dritti, di nuovo prima linea (come puoi vedere dalle foto che ti allego), banche e agenzie interinali incendiate e così via. Due candelotti sparati ad altezza uomo mi colpirono: uno su un gomito mentre facevo una foto – e quindi a poche decine di centimetri dalla mia faccia e uno alla gamba, sulla coscia. Quest'ultimo mi fece cadere a terra e non potei muovere bene la gamba per diverse ore. La mia fortuna fu che in quel momento un mio carissimo amico era là e mi trascinò via.... altrimenti non so come sarebbe andata. Guadagnai comunque un livido blu che fece bella mostra di se sulla mia coscia per quasi un mese.
Non mi dilungherò ora su cose che poi sono state dette e discusse a volontà in seguito. Non parlerò di fantomatici black-bloc infiltrati, di piercing strappati dalle orecchie, di gente costretta a cantare faccetta nera, di manganellate gratuite elargite a volontà, del massacro alla Diaz...
Questa è solo la mia esperienza, quello che ho vissuto.


Pensi che i “fatti di Genova” siano stati determinanti per abbattere il movimento ed i suoi ideali?

Non credo che i “fatti di Genova” abbiano più di tanto contribuito a fare morire il movimento e i suoi ideali. Credo che il movimento già di per sé non fosse così forte come sembrava per chi lo guardava dall'esterno. Certo, era da anni che non si vedeva tanta gente alle manifestazioni e così tanti eventi. Dopo Seattle c'è stato Goteborg, Napoli, Nizza (ero pure là... anzi ero fra quelli che sono rimasti bloccati a fare scontri a Ventimiglia con la sospensione momentanea di Schengen) e molte altre manifestazioni no-global che ora non ricordo.
C'era molta partecipazione ed attivismo superficiale. Però la realtà dei fatti è che il discorso no-global era conosciuto e condiviso in profondità da solo un piccolo nucleo di persone interno al movimento. Teoremi economici troppo complicati per essere compresi dall'uomo “medio”, cose troppo distanti dalla vita della maggior parte della gente. Cose che comunque sono rimaste sempre relegate nelle cosiddette “stanze del potere”. Anche nel movimento.. veramente poca gente era veramente consapevole dei motivi profondi della protesta.. era quasi una tendenza e molti hanno semplicemente seguito la corrente, aiutati dai vari simpatizzanti “famosi” che si schieravano col movimento, tipo Manu Chao (che pure suonò a Genova in quei giorni) o addirittura Jovanotti...
Insomma, io credo che l'ideale per il quale si lottava, non fosse assolutamente radicato nella gente, non fosse davvero condiviso né capito.
La mazzata finale al movimento, secondo me, è stata l'attentato alle torri gemelle dell'undici settembre, non “i fatti di Genova”. L'attentato ha monopolizzato l'attenzione dei media e quindi del pubblico per mesi e mesi e tutta la visibilità che avevano prima i no-global di colpo è sparita.
Questo ha dimostrato quanto in realtà il movimento fosse forte solo in apparenza, ma in fondo era estremamente debole... quando Casarini, Agnoletto e i vari capetti sono spariti dai giornali e dalla tv, un sacco di gente ha perso interesse per la faccenda no-global, quasi fosse stata solo una moda divertente ed autoconclusiva come tutte le mode. E il movimento non è stato in grado di mantenersi compatto e continuare... proprio perchè compatto non lo è mai stato.


Io pure ho abbandonato l'attivismo per anni. Ma non perchè seguivo la corrente e basta. Ho “mollato” perchè sono tornato a casa dopo Genova con una sensazione di disgusto, di nausea e di fastidio verso il movimento stesso, soprattutto verso i disobbedienti che sono stati una delle cause di tutta la violenza che c'è stata e se ne sono scappati lasciando tutti indifesi. E pure dal fatto che dopo tanto sbraitare contro il sistema democratico italiano, molti di loro hanno “voltato gabbana” (si può dire?!?!) e hanno tentato poi di accaparrarsi una poltrona. Non facciamo nomi, solo cognomi: uno fra tutti, il buon Casarini.
Certo, si può obiettare che pochi si aspettavano una reazione così violenta da parte della p.s... .ma davvero è così? Già scendendo verso via Tolemaide si potevano vedere carcasse di macchine incendiate durante la mattinata da un piccolo gruppo, negozi e pompe di benzina divelte, segno di come la situazione era già parecchio tesa.
Davvero le brave “tute bianche” pensavano di poter arrivare alla zona rossa, dare due spinte e poi dichiarare ai gironali “ecco, la società civile non può entrare dove ci sono i potenti, ecc. ecc.”.
Si sapeva ci sarebbero stati scontri e molti sapevano che sarebbero stati duri.

Cosa ti ha lasciato Genova di positivo?
Praticamente nulla. Solo delusione.
Da là in poi, come ho già detto, ho smesso di frequentare il “movimento”. Il nostro piccolo collettivo si è sciolto e alle manifestazioni ci sono poi andato solo come singolo. La mia idea politica ha virato da un ideologia di sinistra antagonista verso una sorta di anarchismo individualista (un po' alla De Andrè, eheh!). Anche in Val di Susa sono andato come singolo individuo, seppure ho seguito il corteo con lo spezzone anarchico. Ma questa è un'altra storia, che se vuoi ti racconterò un'altra volta.


E cosa di negativo?
Beh, non credo ci sia neanche bisogno che lo scriva.


A.P.

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